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Protezione della Natura

La protezione della natura

Con l'approvazione della legge quadro sulle aree naturali protette, i maggiori problemi giuridico-istituzionali potrebbero sembrare oggi alfine superati e risolti. è infatti stata alfine solennemente affermata (art. 1) la necessità di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese, in un quadro di leale collaborazione tra Stato e Regioni, in attuazione degli artt. 9 e 32 della Costituzione; i parchi nazionali sono stati correttamente ricondotti alla responsabilità e al diretto intervento dello Stato (artt. 2 e 8); la loro gestione è stata affidata ad appositi enti parco, autonomi ed aventi personalità di diritto pubblico, sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'ambiente e amministrati da Consigli in cui devono sedere rappresentanti sia della cultura scientifico-ambientalista che della Comunità del Parco e dei poteri centrali dello Stato (art. 9); e sono stati, infine, istituiti direttamente sei nuovi parchi nazionali.

In sostanza si è alfine riconosciuto che i parchi nazionali sono dunque cosa buona, utile e progressiva, capace anzi di incidere positivamente sullo sviluppo socio-economico locale. La legge, infatti, accogliendo una precisa proposta in tal senso degli ambientalisti, prevede un apposito "piano economico-sociale" per la promozione delle attività compatibili, per la cui redazione e approvazione la legge stessa chiama a collaborare anche la Comunità del Parco e le Regioni interessate.

Ricordando quanto più sopra si è detto a proposito del nuovo e maggior valore che le aree protette vengono assumendo ai nostri giorni, dovrebbe essere a tutti chiaro che per una comunità locale di un'area marginale e svantaggiata, come possono essere appunto certe zone interne e le aree montane dell'Appennino o della Sardegna, l'inclusione in un parco nazionale può concretamente significare, molto meglio che il restarne fuori, davvero una occasione irripetibile per mettere a frutto, in un circuito economico virtuoso, e in direzione di un attento ma incoraggiato "ecoturismo", le bellezze naturali dei luoghi, la storia locale, le tradizioni, l'artigianato, e così via. Proprio quelle cose che venivano per l'innanzi percepite piuttosto come fattore di sottosviluppo, e che altre comunità, rimaste al di fuori del parco, e che pure le possiedono, non possono mettere altrettanto bene a frutto difettando del possente richiamo turistico costituito, appunto, dal parco nazionale medesimo.

Del resto già da decenni, di contro a quanti continuavano a demonizzare i parchi come intollerabile cappa e fattore di sottosviluppo, gli ambientalisti più aggiornati e consapevoli hanno sempre additato proprio in un corretto ed equilibrato "ecosviluppo", almeno nel particolare contesto europeo, la strada per superare resistenze e diffidenze. Non solo: ma al Parco Nazionale d'Abruzzo questi concetti hanno già da tempo trovato pratica attuazione, facendo di quest'area protetta un riconosciuto e studiato modello di come concretamente un'area protetta possa contribuire a rivitalizzare l'economia locale proprio attraverso una rigorosa politica di conservazione dei valori naturali.

Non è questo il luogo dove poter approfondire debitamente questi aspetti e questa particolare vicenda, ma certo tutte le analisi economiche che sull'esperienza di questo Parco sono state finora condotte, hanno confermato che esso ha rappresentato un effettivo e potente fattore di sviluppo "sostenibile", attirando in ogni stagione dell'anno flussi turistici consistenti, con positive ricadute per tutte quelle attività economiche locali che, anziché combattere il Parco, ne hanno intelligentemente sfruttato le nuove opportunità. Meglio di tante analisi e di tediosi parametri econometrici, basti ricordare qui il noto e studiatissimo "caso" di Civitella Alfedena, un paesetto di poche centinaia di anime situato tutto all'interno del Parco (ma forse quello che tra tutti meglio si è saputo muovere in quest'ottica), il quale ha conosciuto uno sviluppo economico senza eguali e, caso unico in tutto l'Appennino, ha visto persino rientrare molti dei suoi emigrati; oppure il semplice fatto che alcuni comuni limitrofi al Parco (quelli delle Mainarde e quelli della valle del Giovenco) hanno ad un certo punto chiesto essi stessi di essere inclusi all'interno dell'area protetta attraverso un suo opportuno ampliamento.

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