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Uomo e Ambiente

L'uomo e l'ambiente

La storia dell'uomo sulla Terra è, in sostanza, la storia del suo problematico rapporto con la natura del pianeta di cui, dapprima e per lungo tempo, l'uomo stesso non è stato che un elemento come tanti, inserito pienamente nei cicli naturali, sui quali, da cacciatore e raccoglitore di prodotti selvatici, non aveva in verità molta più influenza di quanta ne potessero avere altri animali predatori o frugivori. Evolutivamente parlando, però, la stessa specializzazione ecologica imboccata dall'uomo (lo specializzarsi per così dire nella non specializzazione), cominciò ben presto ad introdurre nel suo rapporto con l'ambiente naturale delle sottili e pur importanti differenze. L'acquisizione della stazione eretta, la liberazione degli arti superiori per altre funzioni, lo sviluppo dell'intelligenza e del cervello, l'organizzazione sociale con la divisione dei compiti tra i sessi, e, sul versante tecnologico, la scoperta e l'uso del fuoco, la concezione e la fabbricazione di armi ed utensili, le tecniche insediative in caverne e capanne, situarono ben presto l'umanità in una ben diversa area di sviluppo adattativo, che già ne rendeva l'impatto sull'ambiente, pur nell'ambito di un'economia di caccia e raccolta, ben altrimenti effettivo e pesante rispetto a quello di tutti gli altri esseri viventi.

Il vero salto qualitativo e quantitativo, comunque, si realizzò solo qualche migliaio di anni fa, con la cosiddetta "rivoluzione neolitica" con la quale l'uomo moderno (Homo sapiens) apprese a non dipendere più dalle produzioni naturali, e a provvedere invece direttamente, mediante l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, alle proprie necessità alimentari e di vita. Con questo passaggio epocale, l'umanità si affranca definitivamente dai condizionamenti e dai limiti imposti dall'ambiente e comincia anzi a direttamente modificarlo secondo le proprie esigenze. Abbandonando il nomadismo e l'erratismo propri del cacciatore-raccoglitore, l'uomo si sedentarizza sempre più, mentre il suo impatto sull'ambiente comincia a farsi sentire in modo ben più marcato e continuo. Qualitativamente, anche se non ancora quantitativamente, il cambio è ormai avvenuto: l'uomo è fuoriuscito dai cicli della natura e ha anzi cominciato a modificarla e distruggerla, seppur su scala ancor ridotta, poco apprezzabile, e geograficamente limitata.

La terza fase, il cambio successivo e decisivo, è molto più vicino a noi, e coincide in sostanza con le nuove conoscenze e le nuove tecnologie proprie dell'età moderna, in particolare con l'industrializzazione del XIX secolo e tutti i mutamenti da questa indotti: urbanizzazione, abbattimento della mortalità infantile e della morbilità, crescita demografica esponenziale, ricerca di nuove terre e di nuove risorse, conquista totale del pianeta. Anche con tutti i risvolti negativi, però, che ad un certo punto si sono cominciati a manifestare sempre più vistosamente: il problema dei rifiuti e delle scorie, i crescenti inquinamenti, l'assottigliarsi delle risorse naturali, l'effetto serra, i nuovi e inediti rischi, civili e militari, del nucleare.

Il tragico è che questo processo si è messo in moto, e si è sempre più allargato e velocizzato, senza che si fosse contemporaneamente fatta strada, non diciamo una qualche cultura ambientale degna di questo nome (fino a tempi recenti neppure concepibile), ma almeno la consapevolezza e la percezione degli effetti che tutto ciò andava causando sull'ambiente naturale, e quindi, indirettamente e di ritorno, all'umanità medesima.

L'idea che l'ambiente avesse e ponesse dei limiti, e la cognizione che tutti gli esseri viventi fossero interdipendenti tra loro e con l'ambiente, non erano ancora emerse nella cultura umana. La stessa parola ecologia non fu coniata del resto (dal tedesco Ernst Haeckel) che dopo la metà dell'Ottocento, nel 1866. Non si ponevano né si intravedevano, insomma, problematiche ambientali di sorta. In fondo il mondo non poteva neppure ancor dirsi compiutamente esplorato, ed appariva anzi come un'illimitata terra di conquista per il mondo occidentale: che presumeva di poter e dover esportare ovunque, se del caso anche con la forza, la propria cultura e i propri modelli di vita. Prevalevano ancora visioni ottimistiche, incredibilmente ancor oggi dure a morire: piena fiducia nella scienza e tecnica viste con assoluto affidamento nelle loro presunte capacità di risolvere ogni problema, crescita illimitata per tutti, aspettative di un mondo più ricco, più moderno, più felice.

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